Gli ideogrammi giapponesi

Per quanto possa sembrare strano, la scrittura fu inventata poche volte nella storia dell'umanità. Tre furono le scritture inventate indipendentemente: quella egiziana geroglifica e la sumera cuneiforme create attorno allo stesso periodo: nel terzo millennio a.C.

L'unica altra scrittura (se si trascura lo sviluppo dell'alfabeto dovuto ai Fenici) inventata dall'uomo - in un periodo non molto diverso - è la scrittura cinese. Tutte tre queste scritture sono nate come rappresentazioni pittografiche di oggetti concreti nel loro stadio iniziale, poi hanno avuto sviluppi e sorti diverse.

I primi contatti con la lingua e la scrittura cinese avvennero nel III sec. d.C. e, tra la fine del IV sec. e l'inizio del V, vi erano attivi scambi tra i due paesi. Certamente i secoli V e VI d.C. furono un periodo di intensi scambi tra il Giappone e il continente. I giapponesi, riconoscendo la superiorità della civiltà cinese del tempo, iniziarono a far propri molti aspetti della cultura cinese. L'influenza cinese si rivelò molto rilevante per il successivo sviluppo della civiltà giapponese, nei campi dell'organizzazione statale centralizzata, del Buddhismo e della scrittura.

Inizialmente furono i coreani a fare da intermediari tra la Cina e il Giappone. Col passare del tempo, però, i giapponesi si rivolsero sempre più spesso alla fonte originale della civiltà che stavano assorbendo e per la fine del VII sec. erano i cinesi a guidare il processo di adattamento.

Si ritiene che l'introduzione della scrittura ideografica in Giappone sia avvenuta nel corso del V secolo d.C. La tradizione vuole che fosse uno studioso coreano di nome Wani a portare in Giappone la conoscenza degli ideogrammi. Le più antiche scritture giapponesi su spade e specchi risalgono a questo periodo, mentre le più antiche opere di carattere storico scritte in Giappone risalgono all'VIII secolo, e precisamente al 712 il Kojiki (Memorie degli Antichi Eventi) e al 720 il Nihongi o Nihonshoki (Annali del Giappone).

L'inserimento dei caratteri cinesi nella lingua giapponese avvenne in tre diversi modi:

1) con l'acquisizione in giapponese di parole cinesi ideografiche (kango) che mantenevano la forma grafica, il significato e la lettura cinese originali, ma quest'ultima adattata alle regole fonetiche della lingua autoctona (lettura on);

2) attraverso la "traduzione" di singole parole (spesso corrispondenti a singoli kanji) in giapponese, ossia con l'attribuzione del corrispondente giapponese di uguale significato o di significato più prossimo. Con questa operazione i giapponesi hanno assimilato i kanji nella propria lingua, li hanno cioè "nipponizzati". Per questo motivo oggi essi sono profondamente legati alla lingua giapponese che difficilmente potrebbe essere scritta senza di essi. Con questa operazione, in Giappone la netta distinzione tra lingua autoctona e lingua cinese viene a cadere e inizia quel processo di ibridazione che porterà alla lingua giapponese moderna.

3) attraverso la creazione di nuovi segni ideografici creati dai giapponesi per le esigenze della propria lingua (kokuji ).

In pratica, uno stesso kanji può essere letto in modi diversi, a seconda del periodo in cui la parola è giunta dalla Cina.

Il sistema fonetico della lingua giapponese era estremamente diverso da quello del cinese dello stesso periodo. Soprattutto, si può senz'altro affermare che il sistema fonetico della lingua cinese era di gran lunga più vario e complesso di quello della lingua giapponese, il cui numero di suoni esistenti era certamente molto limitato. La conseguenza fu che i suoni delle lingua cinese, quando dovevano adattarsi al sistema fonetico del giapponese dovevano subire drastici mutamenti.

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