Storie curiose dei nomi del cielo: se ne parla a Torino

 

Storie curiose dei nomi del cielo: se ne parla a Torino

Da dove vengono i nomi delle costellazioni, delle stelle, dei pianeti, dei satelliti, degli asteroidi? Come si è formato e come si forma la nomenclatura del cielo? E' uno dei temi della giornata di studio "La scienza nelle forme dell'arte e della storia" che si terrà il 25 ottobre nell'aula magna del rettorato dell'Università di Torino (via Verdi 8, ore 10 e ore 15), organizzata per il decennale di attività di Crisis, Centro ricerche sulle scritture dell'industria e della scienza in Piemonte. Ci saranno il rettore dell'Università Ezio Pelizzetti, il Prorettore del Politecnico Gilli, l'assessore alla Cultura di Torino Fiorenzo Alfieri e Dario Disegni in rappresentanza della Compagnia di San Paolo. Ma soprattutto ci saranno studiosi di varie università che coniugano cultura scientifica, tecnologica, letteraria e artistica.

I nomi di Orione", edito da Marsilio, rielaborazione di una tesi di laurea discussa con il linguista Gian Luigi Beccaria. Sono pagine piene di curiosità, oltre che di informazioni interessanti e originali.

Nel libro di Paola Capponi leggiamo, per esempio, che la parola "satellite", non usata da Galileo, è di origine etrusca ed era usata per indicare le guardie del corpo di Tarquinio il Superbo: di qui il successivo significato più generale di accompagnatore o servitore. E possiamo trovare, come il titolo promette, tutti i nomi colti e popolari attribuiti alla costellazione di Orione e alle sue stelle, ma anche la complicata storia della nomenclatura delle costellazioni classiche boreali e di quelle australi acquisite con i viaggi di esplorazione dei grandi navigatori. Un mondo ricco di messaggi culturali, con nomi per lo più mitologici nel caso delle costellazioni classiche, e tecnologici nel caso delle costellazioni moderne; con costellazioni effimere che appaiono e scompaiono fino a quando l'Unione Astronomica Internazionale ne fissa definitivamente il numero in 88 durante il suo congresso del 1930.

Ma Paola Capponi si addentra anche negli orientamenti attuali della International Astronomical Union a proposito dei nuovi battesimi celesti, oggi più frequenti che mai, considerando la quantità di satelliti, asteroidi, comete, superfici satellitari etc. che si vanno scoprendo (per non parlare del gioco degli acronimi nei nomi delle sonde spaziali). I criteri a cui si ispira la International Astronomical Union sono essenzialmente di economicità, funzionalità e coerenza. La nomenclatura è un servizio, deve quindi essere pratica nell'uso, priva di ambiguità, espressa nella lingua di origine e rispettosa verso i valori dell'internazionalità e dell'imparzialità.

Per esempio, nel caso degli asteroidi, alla sigla provvisoria segue un numero d'ordine definitivo quando l'orbita viene ben determinata, e poi lo scopritore può proporre all'IAU un nome specifico, purché non superi i 16 caratteri (criterio dell'economicità), non sia il nome dello stesso scopritore, non abbia motivazioni commerciali o futili, non si riferisca a un personaggio politico vivente (regola quanto mai saggia!). Accolti questi criteri, rimane un po' di spazio per il gioco, come è giusto. Quel tanto di gioco che permette agli astronomi specializzati nel campo dei corpi minori del Sistema Solare di scambiarsi asteroidi in regalo, e talvolta di regalarli ad amici: eventualità fortunata alla quale devo il mio 4821 Bianucci, dono di Walter Ferreri, che questo pianetino scoprì negli Anni 80 del secolo scorso durante una campagna di ricerca all'Osservatorio Australe Europeo.

Ai margini del tema della nomenclatura celeste si colloca la vicenda della spianetizzazione di Plutone, decisa il 24 agosto 2006 dalla International Astronomical Union nel suo ultimo convegno quadriennale, svoltosi a Praga. Si è visto all'opera, in quell'occasione, il criterio della coerenza. Esistevano stelle nane e galassie nane. Così è stata concepita la nuova categoria dei "pianeti nani", il cui primo rappresentante - o, secondo altri, la cui prima vittima - è stato Plutone, che storicamente è e rimane un pianeta a tutti gli effetti, ma non può vantare, per mantenere il titolo, dimensioni adeguate e una massa sufficiente a sgomberare i dintorni della sua orbita da una quantità di corpi minori ad esso paragonabili per massa e dimensioni.

La decisione non è stata digerita da tutti gli astronomi, in particolare dagli americani, che avevano in Plutone il loro unico pianeta, che pareggiava il conto con Urano, scoperto dall'anglo-tedesco William Herschel, e Nettuno, scoperto dal francese Le Verrier, con a ruota l'inglese Adams. Il provvedimento che declassa Plutone è ora stato impugnato anche per vie legali e l'azione giuridica è sostenuta da una petizione che ha già accumulato qualche centinaio di firme.

Vedremo come andrà a finire. Intanto, fino al 2010, quando ci sarà la prossima assemblea mondiale della Internatonal Astronomical Union, non può succedere niente di nuovo. La mia simpatia, in ogni caso, va a Plutone pianeta per semplici motivi di rispetto della tradizione, così come chiamiamo "mari" anche le aride distese basaltiche della Luna. Ma, applicando il criterio della futilità, che si voglia considerare Plutone pianeta o pianeta nano, non mi sembra poi una faccenda così importante da finire in tribunale.

15 ottobre 2007

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