Odissea - Il viaggio di Ulisse

Il secondo poema che la tradizione ritiene essere stato scritto da Omero è l'Odissea: il titolo viene dal nome di Odisseo, uno degli eroi che abbiamo visto combattere nella Guerra di Troia, e il poema narra le peripezie che il nostro deve affrontare nel ritorno dalla guerra. Un ritorno non certo privo di complicazioni...basti pensare che ancora oggi la parola Odissea si usa nella lingua italiana per indicare un percorso talmente complesso che sembra non debba finire mai... L'eroe greco, però, è tradizionalmente più noto con il suo nome latinizzato, cioè Ulisse.

Tutti gli altri partecipanti alla guerra sono tornati nelle proprie case ormai da un bel pezzo... solo Ulisse ancora non si è visto: si trova da anni nell'isola di Ogigia, trattenuto dalla ninfa Calipso che si è innamorata di lui e vorrebbe sposarlo, promettendogli anche l'eterna giovinezza. Ma gli dei dell'Olimpo stanno valutando il da farsi: il poverino vorrebbe tornare a casa, e forse è il caso di concederglielo!

Cosa succede nel frattempo nella patria di Ulisse, cioè l'isola Itaca, di cui lui è re? La situazione non è rosea: alcuni nobili del luogo, i Proci, comandati da Antinoo, stanno cercando da tempo di sedurre la moglie di Ulisse, Penelope, per impadronirsi del trono. Penelope ha promesso di scegliersi fra loro uno sposo non appena avrà finito di tessere un mantello per il suocero Laerte, il vecchio padre di Ulisse. Ma la donna è meno remissiva e più astuta di quel che può sembrare: per evitare di dover tradire il marito, disfa durante la notte la tela che lavora di giorno, e così la sua opera non finisce mai, e lei non è costretta a cedere.

A un certo punto però il figlio di Ulisse, Telemaco, inizia a preoccuparsi seriamente per la sorte del padre, che manca ormai da troppo tempo: arriva a Itaca nientemeno che Atena Pallade, e gli consiglia di fare un viaggio a Sparta, dove potrà parlare con Menelao che è uno fra gli ultimi ad aver visto Ulisse, e forse può avere qualche notizia aggiornata. Telemaco arriva a Sparta, dove trova un'accoglienza molto calorosa ma ben poche informazioni.

Proprio in quei giorni la situazione sull'altro fronte si sblocca: Ermes, il messaggero degli dei, comunica a Calipso che Zeus ha deciso che Ulisse dev'essere liberato; il nostro eroe si costruisce una zattera e parte: immediatamente però si imbatte in una tempesta, che rovescia l'imbarcazione di fortuna e lo costringe a nuotare per due giorni, fino all'isola dei Feaci. Sulla spiaggia, dove arriva esausto e sconvolto, la prima a incontrarlo è Nausicaa, la figlia del re dell'isola. La ragazza è impaurita e diffidente, ma Ulisse con preghiere e suppliche la convince a portarlo a corte, al cospetto del padre Alcinoo. A palazzo viene accolto molto benevolmente, e gli viene chiesto di raccontare la storia del suo viaggio: ed è così che scopriamo che fine aveva fatto Ulisse.

Partito da Troia con un manipolo di compagni, aveva voluto esplorare la terra dei Ciclopi, giganteschi pastori con un solo occhio in mezzo alla fronte. Uno di questi, Polifemo, li aveva fatti prigionieri nella sua grotta, e ogni tanto se ne divorava uno. Finché Ulisse aveva preso in mano la situazione: una sera aveva aspettato Polifemo, gli aveva fatto bere un po' di buon vino, e poi lo aveva accecato con un palo aguzzo, così erano riusciti a fuggire.

Dall'isola dei Ciclopi avevano raggiunto l'isola della maga Circe, che come benvenuto aveva trasformato un bel gruppetto di loro in un branco di porci; c'era voluta tutta la scaltrezza di Ulisse per convincerla a farli tornare uomini. La maga, tanto per cambiare, si era innamorata di Ulisse e l'aveva trattenuto lì con lei per un intero anno; ma lui era troppo convinto di voler tornare a casa, e così Circe gli aveva consigliato di fare un viaggio negli Inferi per chiedere informazioni all'indovino Tiresia; le notizie non erano buone: da Tiresia aveva scoperto che Posidone, padre di Polifemo, era molto adirato con Ulisse che gli aveva ucciso il figlio.

Circe, ormai rassegnata alla partenza dell'amato, gli aveva svelato tutti i possibili pericoli del viaggio e gli aveva dato preziose dritte per evitarli: un'insidia, per esempio, era rappresentata dalle Sirene, che ammaliavano i marinai con il loro canto. Ulisse avrebbe dovuto riempire di cera le orecchie dei suoi compagni, per non perderli; e se avesse voluto ascoltare la perfida melodia gli sarebbe convenuto legarsi all'albero della nave.

Avrebbe poi incontrato lungo il suo viaggio due scogli altissimi: uno abitato da Scilla, un mostro a sei teste che divorava i naviganti, l'altro dall'ancor più temibile Cariddi, che tre volte al giorno ingoiava il mare e lo rigettava, assicurando il naufragio delle navi circostanti. Circe aveva consigliato a Ulisse di costeggiare Scilla, anche se questo avrebbe voluto dire rischiare di perdere qualche compagno: infatti Ulisse così aveva fatto, e aveva perso qualcuno dei suoi ma aveva salvato la nave.

Erano poi sbarcati nell'isola del Sole dove alcuni suoi uomini, nonostante il divieto di Ulisse, aveva ucciso e mangiato alcune giovenche del Sole: l'ira di Posidone a quel punto era assicurata. Appena erano ritornati in mare, infatti il dio aveva mandato loro una tempesta dove erano tragicamente morti tutti, tranne Ulisse, che si era ritrovato dopo il naufragio sull'isola di Calipso; ed ecco come era arrivato lì. Il re Alcinoo, dopo aver ascoltato con appassionata attenzione la coinvolgente storia, lo tranquillizza e gli promette aiuto.

In effetti Alcinoo, efficentissimo, dispone per il giorno seguente una nave che, senza nessuna deviazione di percorso e finalmente senza nessun ostacolo, accompagna molto rapidamente Ulisse a Itaca: così il nostro eroe rimette piede nella sua tanto agognata isola. Cosa vi troverà?

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