Enea e le origini di Roma

Come abbiamo visto nelle puntate precedenti, gli antichi Greci avevano sicuramente i loro begli eroi, da cui prendere ispirazione per gesta valorose e immortali... e a un bel momento, poche decine di anni prima della nascita di Cristo, l'imperatore romano Augusto decide che è doveroso che esista anche una celebrazione poetica che possa tramandare nei secoli lui e la sua dinastia, cioè la gens Iulia. Così si rivolge a uno dei più grandi poeti del secolo, Virgilio: il geniale artista, per assecondare l'imperatore, si inventa l'Eneide, ovvero la storia di Enea.

Enea è un eroe troiano che ha partecipato alla lunga guerra che ha devastato la sua città, ed è fra i pochi sopravvissuti al massacro; è figlio del mortale Anchise e - nientemeno! - della dea Venere: quale personaggio migliore a cui far risalire le origini di una gens romana che desidera essere immortalata? E così è presto fatto: Enea secondo le leggendarie storie greche ha un figlio, Ascanio; a Virgilio basta trasformare il suo nome in Iulo, ed ecco pronta la nobile origine della stirpe di Augusto, che in questo modo discende direttamente da Venere e, attraverso Enea e Iulo, partecipa in prima persona alla mitologica fondazione della città di Roma. Ma vediamo più in dettaglio cosa è stato capace di inventarsi Virgilio!

Alla fine della guerra di Troia, dopo la distruzione della città, un manipolo di Troiani riesce a salvarsi la pelle e a fuggire; tra questi c'è proprio Enea, che con il suo gruppo naviga in esilio per anni e anni; la dea Giunone, che da tempo odia i Troiani e non li vuole proprio lasciare in pace, istiga Eolo a creare una potente tempesta, che getta le navi troiane sulle coste della Libia; qui incontrano Didone, o Elissa, una regina fenicia che sta costruendo una città, Cartagine, e che li accoglie con molta benevolenza, organizzando in loro onore un banchetto. Durante questo lungo banchetto Enea racconta alla loro ospite tutta la triste storia della città rasa al suolo, la sua fuga con il padre e il figlioletto, la morte della moglie Creusa; racconta poi il viaggio che ha fatto con i compagni prima di arrivare a Cartagine: sono stati a Delo, dove l'oracolo di Apollo gli ha promesso una nuova patria in una terra che Enea, grazie a un sogno premonitore, ha identificato con l'Esperia; sono stati in Epiro, dove si sono ricongiunti con altri Troiani (tra i quali Andromaca con il suo nuovo marito Eleno), e infine in Trinacria (cioè in Sicilia), dove Enea ha pianto la morte del vecchio padre Anchise.

In breve tempo, a Cartagine, la vicenda si complica: la regina Didone, infatti, si innamora perdutamente di Enea e lo confida alla sorella Anna; Giunone e Venere sono entrambe assai compiaciute della notizia e propense a favorire la storia d'amore tra i due (Venere in quanto dea dell'amore non può certo restare indifferente alla nascita di una passione... e quanto a Giunone, ha tutto l'interesse che i nostri eroi troiani, da lei odiati, si fermino dove si trovano e non portino a compimento i loro piani); Didone è bellissima, elegante più di una dea, una donna forte e piena di potere ma anche molto sensibile e dolce, in poche parole irresistibile! Così succede il fattaccio: durante una caccia Enea e Didone vengono sorpresi da un temporale e si rifugiano in una grotta, dove diventano amanti.

Ma la loro storia è destinata a trasformarsi in tragedia: Giove, il supremo capo degli dei, non si lascia intenerire da un amore che nasce (c'è da dire che ci mette lo zampino pure un tale Iarba, che è anche lui innamorato di Didone e fa pressioni su Giove perché faccia finire questa storia). Così Mercurio, il dio messaggero, va da Enea e gli ricorda la sua missione: deve fondare una nuova patria, non può perder tempo a trastullarsi a Cartagine. E si sa che di fronte a un ordine divino anche il più innamorato degli uomini deve chinare il capo: Enea e i suoi compagni di viaggio ripartono, nonostante le suppliche e i pianti di Didone. Quando vede le vele delle navi troiane allontanarsi dalla costa (Enea alla fine se ne va senza nemmeno salutare, forse per il timore di non avere la forza, nel momento del distacco, di prendere la cruda decisione), la regina prepara un grande rogo con la scusa di voler effettuare un rito magico: vi sale e si trafigge con una spada che il suo amato le aveva donato.

Il viaggio dei Troiani continua con la Trinacria, dove Enea organizza le celebrazioni funebri per Anchise: il vecchio padre gli appare in sogno e gli consiglia di farsi un viaggetto nell'Averno, cioè gli Inferi, perché lì gli saranno rivelati gli avvenimenti che lo aspettano in futuro. Enea consulta anche la Sibilla, la profetessa di Cuma, che in cambio di pochi favori si offre di fargli da guida per l'Averno: nelle viscere della terra, fra i morti per amore, Enea deve affrontare il grosso dolore di incontrare Didone, che non lo accoglie certo con gioia... ma in compenso incontra l'anima di suo padre, che gli predice le meraviglie della città che Enea è destinato a fondare.

E così pian piano Enea risale l'Italia; durante una sosta lungo il fiume Tevere, ripensando a tutto quello che gli è stato svelato sul suo futuro, riconosce che è arrivato nella terra a lui destinata: è proprio qui che deve fondare la nuova patria, il suo viaggio è finito. Ma siamo alle solite: cosa ne penseranno gli abitanti della zona di uno straniero che arriva e fresco fresco decide che vuole fondare una città? Il viaggio di Enea si è concluso, ma non si conclude certo qui la sua storia.

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