Curiosità sul mondo classico

Con quest'ultima puntata si conclude la serie dedicata al mondo degli antichi Greci e Romani: prima di avventurarci in altri mondi, fra altri popoli e altri dei, dedichiamo ancora qualche riga a questo argomento, per rispondere a domande e curiosità che mi sono state poste dai lettori e dagli amici del forum.

Cominciamo con un errata corrige; a proposito della guerra di Troia, e in particolare di Achille e Patroclo, mi scrive Giulia, una simpatica e informatissima lettrice: "mi sembrerebbe più corretto alla memoria dei due eroi dare a Patroclo quel che è di Patroclo! Ovvero dire chiaro e tondo che non era solo il miglior amico di Achille, bensì il suo compagno". Ed è verissimo, alla morte di Patroclo non fu la sola amicizia a far infuriare Achille così tanto da convincerlo a rientrare in battaglia nonostante le sue ire contro Agamennone: quello era amore! Ringrazio Giulia per l'attenzione con cui legge e per la necessaria precisazione.

Una richiesta di approfondimento è arrivata poi a proposito di due divinità greche, Apollo e Dioniso: due dei molto importanti e pieni di personalità, talmente diversi tra loro che hanno generato due concetti filosofici, psicologici e artistici in contrapposizione fra di loro, cioè l'apollineo e il dionisiaco. Fu il noto filosofo Friedrich Nietzche a introdurre queste due categorie; secondo Nietzche nello spirito classico greco erano connaturati due elementi: da una parte un impulso primordiale caotico, irrazionale, e dall'altra un lucido controllo delle passioni; queste due componenti sono molto bene esemplificate dalle nostre due divinità. E così Dioniso, il dio gaudente dei boschi, dell'amore e del vino, incarna lo spirito passionale, oscuro, viscerale; mentre Apollo, il luminoso dio del sole e delle scienze, ma anche della giustizia e della rettitudine, rappresenta il lume della ragione, le forme limpide e pure, le aspirazioni alla conoscenza e alla gloria.

Un'altra divinità greca che ha suscitato curiosità è la dea Ecate (da cui potrebbe derivare più anticamente il nome italiano Caterina che è poi stato reinterpretato, per somiglianza, come derivato dall'aggettivo greco katharos "puro"); questa dea, figlia di Zeus e di Demetra, era spesso identificata con Persefone, la dea degli inferi, ma aveva anche una tradizione e una storia tutta sua. Quando i Titani si ribellarono contro Zeus, Ecate fu l'unica a restare fedele al re degli dei, che volle ricompensarla donandole il potere sul cielo, sulla terra e sulle acque; dea anche della luna nuova, era però soprattutto la dea della magia e della stregoneria: aiutava le maghe a preparare i loro filtri e incantesimi, e aveva il potere di richiamare dal mondo delle ombre gli spettri, con i quali se ne andava in giro a spaventare gli uomini; quando la vedevano avvicinarsi, i cani abbaiavano. Inquietante e affascinante, raffigurata spesso con tre corpi o con tre teste per significare la sua ambiguità e la sua personalità polivalente, Ecate era comunque una divinità benigna, e ascoltava le preghiere che le venivano rivolte.

E per concludere andiamo a scoprire la storia di alcune coppie di personaggi poco noti.

Canace e Macareo (o Macario). Canace era figlia di Eolo, e amante del proprio fratello, Macareo: da questi ebbe un figlio, che prontamente affidò a una nutrice perché lo facesse sparire. Ma le grida spaventate del bambino attirarono l'attenzione di Eolo, che scoprì il fattaccio e, profondamente indignato con i figli, gettò il piccolo in pasto ai cani e consegnò un pugnale a Canace perché si uccidesse con le proprie mani. Ecco, secondo il poeta Ovidio, le ultime parole di Canace, con le quali la donna esprime tutto il suo dolore per la sorte del figlioletto e prega Macareo di occuparsi delle spoglie di entrambi: "Anch'io, con la mia ferita, seguirò l'ombra del mio bambino e non sarò stata detta a lungo né madre, né priva di lui. Ma tu, inutilmente sperato dall'infelice sorella, raccogli, ti prego, i resti di tuo figlio, riportali a sua madre e ponili in una sepoltura comune ed un'unica urna, per quanto stretta, ci accolga entrambi! Vivi nel mio ricordo e versa lacrime sulle mie ferite, tu che mi ami, non temere il corpo di chi ti ama. Ti supplico, porta a compimento le volontà della sorella troppo amata! Io adempirò a mia volta la volontà del padre". Macareo riuscì poi a sopravvivere fuggendo a Delfi, dove divenne sacerdote di Apollo.

Laodamia e Protesilao. Protesilao, principe di Tessaglia, fu il primo guerriero a cadere nella guerra di Troia; la moglie Laodamia, dalla quale si era separato il giorno stesso delle nozze, cadde in una disperazione tale da commuovere gli dei inferi, Plutone e Proserpina; questi permisero a Protesilao di risalire dagli Inferi per passare qualche ora con la moglie, per salutarla; ma le ore volarono, e Laodamia, quando vide il marito morirle accanto, e questa volta per sempre, non riuscì ad abbandonarlo e si lasciò morire con lui.

Ipermestra e Linceo. Ipermestra era una delle cinquanta Danaidi, cioè figlie di Danao, re di Argo. Danao aveva un contenzioso aperto con il fratello Egitto (o Egizio): poiché quest'ultimo aveva cinquanta figli maschi, Danao propose al fratello un accordo di pace, ovvero cinquanta bei matrimoni tra le rispettive proli. A questa notizia i due figli primogeniti, cioè Ipermestra e Linceo, si mostrarono assai felici: si amavano teneramente, e non potevano desiderare di meglio. Peccato però che l'idea di Danao celasse un piano malvagio: diede infatti alle figlie l'ordine di uccidere i propri mariti durante la prima notte di nozze. Tutte obbedirono, tranne Ipermestra, che violò fieramente il comando del padre: Danao non riuscì neppure a punirla per il mancato rispetto, perché il popolo di Argo la salvò e, alla morte del re, Liceo fu l'unico superstite e ottenne il regno di Argo. Secondo alcune versioni della storia, fu proprio Linceo a uccidere Danao, e non solo: uccise anche tutte le Danaidi, che finirono nei profondi Inferi e furono condannate per l'eternità a cercare di riempire d'acqua dei vasi senza fondo.

Cidippe e Aconzio. Aconzio era un giovane di Ceo, dotato di grande bellezza, che un giorno si recò a Delo per fare un sacrificio in onore di Artemide; qui incontrò Cidippe, e se ne innamorò perdutamente: questa però non pareva impressionata dalla bellezza di Aconzio, e rifiutò le sue profferte amorose. Il furbacchione però non si rassegnò e le gettò una mela sulla quale aveva scritto: giuro su Artemide, o Aconzio, di non esser d'altri che tua. Cidippe raccolse la mela e distrattamente lesse ad alta voce le parole, formulando così un giuramento, anche se inconsapevole. Cidippe era anche lei molto bella, e fu richiesta in moglie più di una volta: ma nessun matrimonio andò mai a buon fine, perché poco prima di sposarsi la donna era colta da una violenta frebbre; questi misteriosi malanni furono interpretati come punizioni di Artemide, che non aveva visto rispettato il giuramento in suo nome; a questo punto Cidippe si vide costretta a cedere alla scaltrezza di Aconzio, e finì con l'accettare di sposarlo.

NEWSLETTER
SONDAGGIO