Amori mitici - Le coppie nella mitologia

Dopo esserci occupati per qualche puntata di guerre, eroi, imprese storiche e valore militare, concediamoci un po' di relax e occupiamoci di cronaca rosa; se vi ricordate le prime puntate di questa rubrica, sicuramente avrete presente che vita movimentata c'era sull'Olimpo... le coppie cambiavano a una velocità strabiliante, le vicende sentimentali si intrecciavano, gli alberi genealogici si facevano sempre più complicati... oh, ma non è certo di tutte queste frenetiche avventure galanti che vogliamo parlare ora: ora parliamo solo dei veri amori, quelli che sono passati alla storia, quelli che sono non più solo mitologici ma mitici, cioè sono simboli dell'amore immortale, quello che davvero è capace di durare per sempre sfidando i secoli.

Cominciamo da una coppia che forse non è la più famosa ma sicuramente è la più dolce e struggente: Filemone e Bauci. Due divinità, Zeus ed Ermes, sono in vacanza sulla terra per vedere come vivono i comuni mortali: sono in incognito, travestiti da mendicanti; così conciati sono davvero irriconoscibili, e ricevono trattamenti non certo degni di due dei... La gente che incontrano è con loro sgarbata e irascibile, e soprattutto assai poco generosa: nessuno accetta di dar loro da mangiare, o di ospitarli per la notte. Finché un bel giorno arrivano a un'umile capanna, dove trovano una coppia di anziani, Filemone e Bauci; i due sono poveri, vivono di stenti, ma sono felici, si vogliono bene, sanno accontentarsi di quello che hanno e non hanno paura di condividerlo. Sono infatti gli unici che danno ospitalità ai due finti mendicanti, offrendo parte del loro semplice pasto: uova, legumi, miele. Caso strano, però, la giara del vino è sempre piena... così i due anziani mangiano la foglia, scrutano con attenzione i loro ospiti e alla fine li costringono a svelare la loro identità; quando Zeus ed Ermes si presentano, Filemone e Bauci si dichiarano imbarazzati per aver offerto cibi così umili, e si offrono di cucinare un'oca, l'unico animale che tengono in cortile. Ma gli dei, commossi da tanta bontà d'animo e generosità, decidono di premiarli e insieme di punire tutti gli altri, che si erano dimostrati egoisti e insensibili: accompagnano i due anziani sulla cima di una collina e fanno cadere sulla regione una pioggia torrenziale, che allaga tutto... salvo la capanna di Filemone e Bauci, che viene trasformata in un enorme tempio di marmo e oro. Zeus chiede ai due di esprimere un desiderio, e loro rispondono di poter essere custodi del tempio e soprattutto di non essere mai separati, nemmeno dopo la morte. E così, dopo aver vissuto serenamente il resto della loro vita nel tempio, Filemone e Bauci muoiono insieme, anzi, non fanno neanche in tempo a morire perché, con perfetta sincronia, si trasformano in una quercia e in un tiglio: due alberi con rami intrecciati, che saranno insieme per sempre.

Ben più tormentata, anche se non meno affascinante, è la storia di Amore e Psiche; quest'ultima è la più giovane delle tre figlie di un re; Amore, noto anche con il nome di Eros, è figlio di Afrodite, una dea dal carattere non proprio facile: questa infatti è gelosa della bellezza di Psiche, e per dispetto ordina al figlio di darla in moglie a un uomo bruttissimo. Ma Amore si innamora (il gioco di parole è inevitabile!) della bella Psiche, e va a trovarla ogni notte, dopo averle fatto giurare di non cercare mai di vederlo in volto, cioè di incontrarlo sempre e solo al buio; Psiche però non resiste, e una notte accende una lampada: le cade una goccia d'olio e questo, che fa sì che Amore se ne accorga e fugga deluso e arrabbiato, segna la fine della loro storia. Psiche lo cerca in ogni luogo, finché decide di rivolgersi ad Afrodite in persona, che le impone, per aiutarla a ritrovare il figlio, una serie di prove praticamente impossibili da portare a termine. Psiche, troppo convinta di quello che vuole, riesce comunque a superarle tutte: l'ultima consiste nel farsi dare da Persefone, la dea degli Inferi, una boccetta che contiene l'unguento della bellezza; la giovane riesce a recuperarla ma, sulla strada del ritorno, ormai giunta al traguardo, riesce di nuovo a rovinare tutto: pensando al prossimo incontro con Amore, non sa frenarsi al pensiero che quell'unguento può renderla irresistibile, e apre la boccetta. Il profumo la stordisce, e Psiche cade profondamente addormentata. La storia però ha un lieto fine, perché Amore nel frattempo la sta cercando, la trova e riesce a svegliarla con la carezza delle sue ali: finalmente sono tutti convinti e in pace, perfino Afrodite, e si possono celebrare solenni e festose nozze. In tutta questa vicenda Psiche è simbolo dell'anima umana, con le sue virtù e le sue debolezze; ma l'abbraccio finale tra Amore e Psiche, raffigurato in tante opere d'arte, è anche simbolo della felicità eterna (i due vivono sull'Olimpo, e pertanto sono immortali, saranno insieme per sempre) conquistata dopo le dure prove della vita. Per dovere di cronaca, visto che ci piacciono i nomi, va detto infine che i due avranno una figlia, e la chiameranno Voluttà.

L'ultima storia invece non ha una conclusione positiva: parliamo di una specie di Giulietta e Romeo in versione mitologica, cioè di Piramo e Tisbe. I due si amano e vogliono sposarsi, ma i rispettivi genitori non sono d'accordo a questa unione e vietano ai ragazzi di frequentarsi; ovviamente i due ignorano la proibizione, e si incontrano di nascosto, attraverso la crepa di un muro che separa le loro abitazioni, vicine. Un giorno decidono di agire più audacemente e si danno appuntamento presso un albero di gelso fuori città, dopo il tramonto. Tisbe arriva per prima al luogo dell'incontro, e ci trova una leonessa con il muso insanguinato, che sta bevendo: spaventatissima, fugge, ma nella fretta perde il velo, che la leonessa studia da molto vicino, macchiandolo di sangue. Quando arriva Piramo trova il velo, pensa che la sua amata sia morta, e non sopportando tale pensiero si trafigge con la spada; i fiori del gelso, che erano sempre stati bianchi, si colorano improvvisamente del rosso del suo sangue. Poco dopo torna Tisbe, e vedendo Piramo ormai morto a sua volta si uccide, con la stessa spada, incontrando la morte ma assicurando alla storia di questo amore l'immortalità della fama.

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